Prodotti crueltly-free
Troppi
simboli, sigle e "autocertificazioni a pagamento"
confondono gli animalisti.
Una
delle prime cose che si impara quando ci si avvicina al problema
della vivisezione per combatterla, è che possiamo comprare cosmetici
(sia make-up che prodotti per l'igiene personale) e detergenti senza
crudeltà o "cruelty-free", cioè che non incrementano la
vivisezione.
Questo
aspetto purtroppo è più complesso di quanto si creda e non è
facile capire quali sono le marche di prodotti che si possono
comprare quando si decide di non incrementare la vivisezione.
Purtroppo
negli ultimi tempi si è aggiunto un ulteriore elemento che
contribuisce non poco a rendere più fumosa la situazione: la
diffusione del circuito pubblicitario VeganOK, una
"autocertificazione a pagamento" che aggiunge confusione a
una materia già complessa e allontana le persone dalle scelte
realmente cruelty-free. Esaminiamo la situazione per fare chiarezza.
Test cosmetici su animali: il problema degli ingredienti
Su
questa complessità giocano coloro che vogliono spacciare certi
prodotti come "cruelty-free", siano esse le aziende
produttrici o chi le pubblicizza a pagamento. Vediamo allora come
fare per capire cosa bisogna comprare e cosa bisogna evitare, per non
incrementare la vivisezione.
Ad
oggi, nessun cosmetico come "prodotto
finito" (shampoo,
crema, schiuma da barba, ecc.) viene testato su animali (mentre fino
a pochi anni fa anche quello poteva essere testato), mentre sono
sempre obbligatoriamente testati su animali gli ingredienti che
compongono quel prodotto. Questo è un obbligo di legge, non si può
evitare.
E
non si tratta certo di test innocui per gli animali: a parte che solo
il tenere gli animali in gabbia e ucciderli a "fine uso" è
un maltrattamento estremo, oltre a questo i test che gli animali
devono subire sono davvero invasivi e dolorosi.
Sono
più di vent'anni che la battaglia per rendere completamente illegali
i test su animali per i cosmetici continua, e FORSE nel 2013 verranno
vietati tutti, anche quelli sugli ingredienti, a livello europeo, ma
la parola "forse" è d'obbligo, infatti sono attive diverse
petizioni da parte di varie associazioni antivivisezioniste europee
allo scopo di scongiurare il pericolo di slittamento di questa data.
Se consideriamo che la prima pubblicazione della direttiva che
avrebbe dovuto vietare tutti i test su animali per cosmetici risale
al 1993, e da allora ci sono stati slittamenti continui, è facile
capire come non si possa certo cantar vittoria.
Lo Standard Internazionale
Allora,
quando possiamo definire un prodotto cosmetico "cruelty-free",
se le cose stanno in questo modo? Ebbene, esiste uno Standard
Internazionale, chiamato appunto "standard cruelty-free",
sostenuto da associazioni antivivisezioniste di tutto il mondo, sia
europee che statunitensi che di altre parti del mondo, il quale
definisce che una data azienda è conforme allo Standard stesso
quando ovviamente il prodotto finito non è testato su animali (e
questo, in Europa è vero sempre, mentre in altre parti del mondo può
non essere così), e i singoli ingredienti utilizzati nel prodotto
non sono stati testati dopo un certo anno, chiamato cut-off
date fissa (fixed
cut-off date).
Questo
cosa significa? Significa che il produttore di cosmetici si impegna a
non comprare nuovi ingredienti, che verrebbero sottoposti per legge a
test su animali, e quindi incrementerebbero la vivisezione. Un
produttore che, per esempio, aderisce allo Standard nel 2010, dice:
"Io sto usando certi ingredienti, che per forza di cose sono già
stati testati nel passato; chiedo ai vari fabbricanti di questi
singoli ingredienti quando sono stati testati su animali e vedo che
la data più recente è (per esempio) il 1995. Mi impegno allora, da
ora in avanti, a non utilizzare ingredienti nei miei prodotti che
siano stati testati DOPO il 1995. In questo modo, sicuramente non
incremento la vivisezione".
Infatti,
se si continuano a usare ingredienti qualsiasi, senza prendere alcun
impegno, per ogni ingrediente nuovo che si introduce nella
formulazione dei prodotti, questo avrà causato nuovi test su
animali. Se invece si afferma: "Mi impegno a non usare più
nessun ingrediente nuovo, che sia stato testato su animali DOPO la
data dichiarata come cut-off date", questo equivale a non
incrementare la vivisezione, ed è il criterio che tutte le
associazioni antivivisezioniste di tutto il mondo usano.
Il
metodo della cut-off date fissa è l'unico metodo affidabile per
assicurarsi di non incrementare la vivisezione a fini cosmetici, è
quello che tutte le associazioni antivivisezioniste di tutto il mondo
usano. Le aziende che aderiscono a questo Standard e si sottopongono
a certificazione da parte di un ente di controllo possono utilizzare
su tutti i loro prodotti il simbolo del coniglietto che salta con le
due stelline che vedete qui sopra.
Attenzione,
però: molte aziende che aderiscono a questo Standard non mettono
questo bollino sulla confezione, quindi il fatto che non ci sia non
significa che quei prodotti non vanno bene. Vanno bene tutti i
prodotti delle aziende che aderiscono allo Standard.
Come
fare dunque a sapere quali sono? L'unico modo è affidarsi a una
lista che elenchi tutte e solo le marche che soddisfano i requisiti
di questo Standard. Si può fare riferimento per questo alla lista di
VIVO - Comitato per un consumo consapevole, che alla pagina:
Le ditte "cruelty-free": quali sono e dove trovare i loro prodotti http://www.consumoconsapevole.org/cosmetici_cruelty_free/lista_cruelty-free.html
elenca: le aziende che aderiscono alla certificazione ICEA-LAV attraverso l'organismo di controllo ICEA; più quelle che aderiscono allo stesso Standard ma con autocertificazione gratuita direttamente presso il Comitato VIVO, gestita dalla dott.ssa Antonella de Paola, autrice del libro "Guida ai prodotti non testati su animali". L'autocertificazione gratuita serve per dare la possibilità anche alle aziende che non vogliono pagare per la certificazione ICEA, ma che soddisfano comunque i requisiti dello Standard, di essere elencate tra quelle cruelty-free.
Le ditte "cruelty-free": quali sono e dove trovare i loro prodotti http://www.consumoconsapevole.org/cosmetici_cruelty_free/lista_cruelty-free.html
elenca: le aziende che aderiscono alla certificazione ICEA-LAV attraverso l'organismo di controllo ICEA; più quelle che aderiscono allo stesso Standard ma con autocertificazione gratuita direttamente presso il Comitato VIVO, gestita dalla dott.ssa Antonella de Paola, autrice del libro "Guida ai prodotti non testati su animali". L'autocertificazione gratuita serve per dare la possibilità anche alle aziende che non vogliono pagare per la certificazione ICEA, ma che soddisfano comunque i requisiti dello Standard, di essere elencate tra quelle cruelty-free.
Vi
sono inoltre aziende straniere i cui prodotti si trovano anche in
Italia: queste possono certificarsi attraverso organismi della
propria nazione, e sono elencate nel database globale gestito dalla
BUAV, l'associazione antivivisezionista inglese (il link a questo
database si trova sempre nelle pagina di VIVO sopra citata).
La cortina fumogena
Vista
la situazione complessa, è molto facile per chi vuole spacciarsi per
cruelty-free senza esserlo fare delle affermazioni che sono "vere"
tecnicamente, ma che di fatto confondono le idee alle persone. Un
modo molto comune è affermare, da parte di un'azienda "i nostri
prodotti non sono testati su animali". Tecnicamente è vero, il
prodotto finito non è di certo testato, ma questo è vero sempre, la
differenza tra cruelty-free o meno la fanno i test sugli ingredienti,
quindi se uno compra tranquillo quel "prodotto non testato"
in realtà sta comprando un prodotto qualsiasi, i cui ingredienti non
soddisfano alcuni standard.
Un
altro modo di creare una cortina fumogena, più "sofisticato"
è dire che il produttore del cosmetico "non commissiona"
test su animali, né sul prodotto finito, né sugli ingredienti. Qui
viene da sentirsi più rassicurati, si pensa "ah, bene, qui
prendono in considerazione anche gli ingredienti!". Invece anche
questa frase non assicura nulla, perché non è certo il produttore
del cosmetico che commissiona al fabbricante di ingredienti i test su
animali, nessun produttore lo fa! Questi test sono fatti dal
fabbricante della singola sostanza chimica per norma di legge.
Quindi,
di nuovo, un'affermazione tecnicamente vera (nessuno può accusare di
menzogna o di truffa), e che però non serve a nulla, perché afferma
un'ovvietà, qualcosa che è vero per tutte le aziende.
Queste
affermazioni si trovano abbastanza spesso sui siti delle aziende,
oppure nelle loro mail di risposta quando si chiede loro se i loro
prodotti sono cruelty-free o meno. Ma da un po' di tempo a questa
parte, un altro attore è sorto all'orizzonte, che sostiene le stesse
cose, e confonde le idee alle persone: si tratta di VeganOK, un
circuito pubblicitario che offre una "AUTOcertificazione a
pagamento"
alle aziende i cui siti e prodotti verranno pubblicizzati sul sito
VeganOK - che fa parte del network di Promiseland, VeganBlog,
VeganExpo, ecc. VeganOK è una iniziativa commerciale, è importante
notare che le iniziative del network di Promiseland sono commerciali,
a scopo di lucro, gestite da un'azienda, NON sono attività non
profit gestite da associazioni e volontari. Non che questo sia un
problema, non c'è nulla di male in una iniziativa commerciale, di
per sè, ma teniamolo presente, non si tratta di iniziative
animaliste e vegan di volontariato.
Riguardo
ai test su animali, VeganOK NON assicura in alcun modo l'adesione
allo Standard cruelty free, ma afferma solo che il produttore di
cosmetici "non ha commissionato" test su animali per
prodotto finito e ingredienti, vale a dire che afferma l'ovvio.
Il
problema è che chiamandosi il marchio "VeganOK" si è
portati a pensare che il prodotto sia vegan, quindi "senza
crudeltà" anche per quanto riguarda i test su animali. Invece
no, ed è importante saperlo per scegliere quali marche di cosmetici
comprare, se si vuole evitare di incrementare la vivisezione.
Gli ingredienti animali
Un
altro aspetto per giudicare se un prodotto è "senza crudeltà
sugli animali" è la presenza o meno di ingredienti di origine
animale al suo interno (ad es. sego, latte e derivati, uova, prodotti
delle api, collagene, placenta, seta, ecc.), perché, se vi sono
ingredienti animali, significa che degli animali sono stati uccisi
per produrli, qualsiasi essi siano. Il discorso fatto finora era
relativo al cruelty-free dal punto di vista della sperimentazione
animale, perché lo Standard Internazionale citato riguarda solo
quello.
In
aggiunta dunque all'essere cruelty-free dell'intera marca, quindi di
tutti i prodotti di una data azienda, va considerato il problema
della presenza o meno nei singoli
prodotti di
ingredienti di origine animale. Nell'elenco delle marche sul sito
VIVO, siano essere certificate ICEA o provviste di autocertificazione
gratuita, viene riportato (quando l'informazione è stata fornita dal
produttore) se una data azienda non usa alcun ingrediente animale (ed
è ovviamente questo il caso da preferire) o se ne vengono usati in
alcuni prodotti, e quali. Se un'azienda è "in regola" dal
punto di vista della vivisezione, ma TUTTI i suoi prodotti hanno
ingredienti animali, non viene riportata nella lista. Se invece solo
alcuni prodotti contengono ingredienti animali, si cerca di
evidenziare quali sono e comunque si avverte l'utente che deve fare
attenzione agli ingredienti del singolo prodotto.
Cosa
fa in questo campo VeganOK? In teoria, il "bollino" VeganOK
può essere apposto solo ai singoli prodotti che sono vegan, cioè
senza ingredienti animali. Nella pratica, però, sappiamo che:
1.
Il produttore spesso non mette il bollino sulla confezione, come non
mette il coniglietto con le stelline che simboleggia il cruelty-free
sulla sperimentazione animale. Quindi bisogna comunque esaminare
tutti gli ingredienti.
2. Se si va a vedere sul sito del produttore, il bollino VeganOK di solito campeggia in home page o addirittura sull'header, e si vede quindi in tutte la pagine. Questo porta a pensare che tutti i prodotti siano vegan, cosa che non è vera.
3. Ci sono casi in cui la quasi totalità dei prodotti non è vegan, e solo qualcuno lo è (es. 25 prodotti non vegan, 1 vegan). Un malcapitato che visita il sito, vede in home page il bollino VeganOK e poi naviga il sito per comprare qualche prodotto, non può capire che nessuno di questi è vegan, a meno di non incappare nell'unico vegan, in cui c'è scritto "Certificato VeganOK" e rendersi conto che invece negli altri non c'era scritto...
2. Se si va a vedere sul sito del produttore, il bollino VeganOK di solito campeggia in home page o addirittura sull'header, e si vede quindi in tutte la pagine. Questo porta a pensare che tutti i prodotti siano vegan, cosa che non è vera.
3. Ci sono casi in cui la quasi totalità dei prodotti non è vegan, e solo qualcuno lo è (es. 25 prodotti non vegan, 1 vegan). Un malcapitato che visita il sito, vede in home page il bollino VeganOK e poi naviga il sito per comprare qualche prodotto, non può capire che nessuno di questi è vegan, a meno di non incappare nell'unico vegan, in cui c'è scritto "Certificato VeganOK" e rendersi conto che invece negli altri non c'era scritto...
Morale,
bisogna comunque leggere gli ingredienti e il bollino VeganOK aiuta
ben poco anche nello specifico campo degli ingredienti di origine
animale, anzi, crea confusione anche in questo campo. Molto più
utile sarebbe che il produttore scrivesse semplicemente "Non
contiene ingredienti animali", cosa che può sempre fare, senza
bisogno di autocertificazioni-a-pagamento (perché se non fosse vero
commetterebbe una frode, e chi glielo fa fare?).
Conclusione
Purtroppo
la materia del cruelty-free è complessa, e servirebbe far maggiore
chiarezza, anziché rendere la situazione ancora più confusa: in
aggiunta alle dichiarazioni fumose e fuorvianti (ma legalmente e
"tecnicamente" corrette) delle aziende, ora abbiamo una
iniziativa, quella del circuito pubblicitario VeganOK, che crea
ancora più confusione, perché, pur essendo le sue dichiarazioni,
come quelle delle aziende "legalmente e tecnicamente corrette"
di fatto portano le persone a scegliere marche che non sono cruelty
free. Questo equivale a portare persone che vorrebbero acquistare
prodotti cruelty free ad acquistare invece prodotti qualunque, la
qual cosa di fatto nuoce alla lotta contro la vivisezione, e quindi
agli animali.
Marina
Berati - 2 agosto 2011
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